Da questa lettura scenica uscirà l’uomo e l’artista Comisso, con la sua capacità descrittiva di luoghi e personaggi che si sposa perfettamente con le sue doti elegiache.
Comisso crea un racconto, che è anche un rifacimento di scritti e pagine precedenti stilati sotto forma di appunti e sul quale ritorna fino all’anno che precede la sua morte. Narra, quindi, il periodo passato in una sua dimora di campagna, esattamente una casa colonica situata a Zero Branco nel Trevigiano, tra il 1930 e il 1955, e acquistata con i proventi “dei circa cinquanta articoli scritti durante il mio viaggio nell’Estremo Oriente”.
In questo “mondo-fuori dal mondo” Comisso vive il passaggio dalla mezzadria alla piccola proprietà, il mutare dell’Italia agricola in Italia industriale. Vive naturalmente la seconda guerra mondiale, che molto contribuirà a questo cambiamento, non solo di vita e di produzione, ma anche e soprattutto di mentalità. Vive i pensieri e le vite di molti contadini che descrive in maniera ineguagliabile, come una metafora del contesto in cui vive. La “Casa di campagna” diviene un microcosmo dove il mondo dell’autore a lui contemporaneo si riflette con risultati di altissima poesia.
Giovanni Commisso
Giovanni Comisso (Treviso, 3 ottobre 1895 – Treviso, 21 gennaio 1969) è sicuramente uno dei più interessanti scrittori veneti e italiani di inizio ‘900. “Probabilmente il più grande autore vivente” – come lo definisce Mario Monti – pur non avendo avuto la fortuna che altri autori suoi conterranei hanno avuto. I motivi possono essere molti, sta di fatto che fu ammirato da molti e modello per altri grandi scrittori. Egocentrico, appassionato, autore e giornalista curioso e dalla grande capacità descrittiva, vagabondo per mestiere e per piacere. Commisso ci ha lasciato una serie di articoli, romanzi, saggi che raccontano un’epoca da una prospettiva differente, spesso insolita. Vincitore di molti premi, è riuscito a raccontare l’Italia tra le due guerre solo come pochi narratori hanno saputo fare.