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    Andersen, il viaggio di Hans

    Andersen, il viaggio di Hans è uno spettacolo in due atti: Guardando il cielo, musica di Paolo Coggiola, e Ascoltando la terra, musica di Cesere Picco, che rende omaggio alle storie e alla figura di Hans Christian Andersen: uomo di cuore e fantasia, grande viaggiatore, che ha saputo dipingere, con l’uso di un innovativo linguaggio (…) una visione del mondo che non tralascia inusuali punti d’osservazione.
    Inspirandoci alle sua fiabe nasce “ Il viaggio di Hans”: un percorso di formazione, per giovanissimi spettatori, dove storie e personaggi s’intrecciano, divenendo loro stessi parte dell’evoluzione del racconto.

    Drammaturgia

    “Il viaggio di Hans ha la struttura originale di due operine liriche per ragazzi (“Guardando il cielo” e “Ascoltando la terra”), ben distinte tra loro, ma complementari l’una all’altra. Per la prima, con musica composta da Paolo Coggiola, ho attinto da alcune fiabe che si rifanno al mondo degli animali, alla natura ed alla sua magia (come ad esempio Il brutto anatroccolo, Mignolina, Il rospo).
    Nella seconda, Ascoltano la terra, con musica composta da Cesare Picco, mi sono ispirata piuttosto alle fiabe in cui gli uomini e il loro mondo, sono al centro del racconto, scegliendo questa volta, appositamente, una drammaturgia più complessa che si rivolge al giovane spettatore già in via di trasformazione.
    Ho avuto però legare, entrambe le operine, con un filo conduttore: una fiaba in condivisione e il personaggio di Hans (interpretato da un attore).

    La metafora del volo inoltre è un altro elemento in comune tra le due parti del “Viaggio di Hans”, ma mentre nella prima (“Guardando il cielo”), ho voluto rappresentarla tramite (…)  l’aspirazione, il desiderio di crescita, simboleggiata dalla figura del cigno; nella seconda (“Ascoltando la terra”) la crescita è già avvenuta (…). Questa volta sarà il volo dell’angelo che, sempre mantenendo la simbologia delle ali, chiuderà il cerchio della crescita e della trasformazione. “Il viaggio di Hans” conduce per mano il giovane spettatore, attraverso un percorso di parole, canto, racconto e melodia, che tiene conto del non facile approccio con il mondo della lirica, cercando però di non comprometterne la sua integrità.

    Ed è sempre nell’ottica dell’avvicinamento alla lirica, che ho scelto (…) “Il compagno di viaggio”, uno degli scritti più importanti di Andersen che cita un’antica leggenda danese, avvicinandosi inconsapevolmente al Gozzi ed alla “Turandot” di Giacomo Puccini, a dimostrazione che anche la lirica in fondo è gioco, passione e ricerca che mi piacerebbe, un giorno, riscoprire negli spettatori di domani”.
    Monica Malavasi

    Le musiche di Cesare Picco

    “Conoscete il Rap? Cosa c’entra, direte voi, il Rap con la Lirica? Beh, c’entra di sicuro con il pubblico più giovane (…). E c’entra anche con Hans. Durante la seconda scena, il nostro giovane viaggiatore cerca di consolare una triste bimba ammalata: che cosa può fare di meglio se non costruirle un teatrino con degli strambi personaggi e “rappare” una storia divertente? La piccola orchestra crea un “battito ritmico anomalo” (il rap originale, quello dei ghetti americani, si costruisce con ritmiche elettroniche), ma la curiosità in questo caso, consiste nell’aver accostato le timbriche classiche ad un genere musicale catalogato – erroneamente – come “inferiore”.
    Cesare Picco, pianista e compositore.
    Dal 1987 si esibisce in tutto il mondo in concerti di piano solo e inizia l’attività di compositore per orchestre e solisti.

     

    Regia

    “La struttura drammaturgica e la partitura musicale delle due opere che compongono “Il viaggio di Hans”; le fonti letterarie, le fiabe di Andersen tra tradizione ed emozione personali dell’autore, hanno stimolato e suggerito una possibile ed originale messa in scena. L’idea fondamentale è quella di unire armoniosamente i vari linguaggi e componenti espressive del teatro e dell’opera musicale; gli attori, la loro voce e le loro azioni; i cantanti e i musicisti con la loro presenza e i loro suoni; le immagini e le figure con la loro suggestione e magia si incontrano in un equilibrio fragile, ma di grande energia. Nasce un grande gioco che si manifesta in scena e tende a seguire la traccia drammaturgica: il viaggio di Hans è una crescita, un apprendimento attraverso incontri, emozioni ed esperienze”.
    Gianni Franceschini

     

     

    Cantico di Natale

    Il cantico di Natale di Dickens come Pinocchio di Collodi, Senza famiglia di Malot, Tom Sawyer di Twain o I ragazzi della via Pal di Molnar: un classico dell’infanzia. Il cammino verso la virtù, in letteratura, è lastricato di noia, e i giovani lettori son tutti potenzialmente, dei Gianburrasca che non amano le prediche: è la ragione per cui Pinocchio resta al tempo meglio, ad esempio, di Cuore di De Amicis. Ma Dickens era un moralista ameno; dei suoi personaggi – anche di quelli negativi come Scrooge – sapeva mostrarci umane paure e umani pentimenti. Inoltre, abile a spremerci qualche lacrimuccia di commozione, non rinunciava a cogliere i lati comici della vita, con quell’indulgente pietà che proviene dalla conoscenza dei segreti del cuore. (…)

    Di questo classico ho inteso realizzare a mia volta un nuovo adattamento “libero” e “aggiornato”. Nel senso che mi sono proposto di proiettare nel mondo d’oggi, così com’è, la storia del vecchio usuraio alla fine pentito: affinché Il cantico di Natale non fosse – o non fosse soltanto, come avrebbe potuto diventare – un vecchio libro di immagini su una Londra, (…)  ma riuscisse a stimolare – in questo caso nel pubblico dei giovanissimi cui lo spettacolo è destinato (…) qualche considerazione sul mondo in cui ci troviamo a vivere”.

    Ugo Ronfani

    E’ autore di questa versione teatrale “aggiornata” di A Christmas Carol dedicata al pubblico dei bambini e ragazzi, è stato giornalista, scrittore e docente oltre che critico teatrale e letterario de “Il giorno”, di cui è stato anche vicedirettore.  Ha fondato e diretto la rivista di teatro e spettacolo “Hystrio”.

    Verso Oz. All’orizzonte un mondo incantato

    Frank Baum ritiene di aver scritto Il Mago di Oz… solo con l’intento di “far piacere ai bambini di oggi”.
    Il suo racconto non è immerso in un’atmosfera magica ed iniziatica, tantomeno nella paura. Ma dietro questa facciata semplice e serena la storia svela dei risvolti non meno importanti e formativi dei valori che animano le fiabe di magia.
    I simbolici protagonisti del libro vanno incontro alla conferma di ciò che già sono, così la nostra volontà, unita e quella dei nostri compagni di avventura, ci può condurre alla scoperta della nostra identità.
    L’altro mondo è dove tutto è possibile, è un luogo “scenico” in cui si possono cambiare i ruoli quotidiani, dare libertà all’utopia.
    In questo ideale ambiente avviene la magia della rappresentazione. La storia, l’idea primitiva si trasforma nel contenitore ed affiorano le radici drammatiche e iconografiche del passaggio iniziatico, della festa di fertilità, del Carnevale e del Maggio. La nuova stagione ha come simbolo una giovane, il tempo passato una vecchia. La storia comincia e trova intorno a sé tutti gli elementi che possono servire per svilupparsi. I personaggi prendono in dono i colori, le sembianze e i costumi dei protagonisti delle feste drammatiche. È il teatro nel teatro. Non c’è azione drammatica senza contrasto o lotta. Ma in ogni evento drammatico c’è un momento di riflessione, una pausa per mediare su ciò che sta accadendo.
    Non farsi trasportare troppo dalla finzione è un segno di maturità e serenità, ma soprattutto di sincerità. Il mago non è altro che un burattino, un buffone di carta ridotto a fantoccio. Invenzione e realtà si uniscono misteriosamente nell’improvvisa vita che ricomincia, fino alla decisione di ritornare umane e fino al fantastico rianimarsi del mago Fantoccio.

    Verso Oz, all’orizzonte un mondo incantato è andato in scena in prima nazionale a Verona nel 1988.
    Lo spettacolo, coprodotto con il Civic Center di Syracuse e la Brooklyn Academy od Music (BAM) di New York, è stato inoltre presentato, presso i due centri, nell’aprile 1989.

    Histoire du Soldat di Igor Stravinsky

    Histoire du Soldat è un testo creato come “opera per recitante, musica e danza”. Le magiche atmosfere suscitate dal testo di Ramuz (e dalle fiabe di Afanasiev) e la musica essenziale e moderna di Stravinsky ci sono sembrate una materia incredibilmente fertile per il nostro modo di fare teatro.

    Di grande rilevanza è il favore e l’interesse con cui l’Ente Lirico Arena di Verona, una delle istituzioni musicali più prestigiose del nostro paese, ha accolto l’idea e il progetto, aprendo così l’attività dell’Ente a un pubblico nuovo.
    Così pure sottolineiamo la varietà e l’importanza delle collaborazioni artistiche che si sono aggregate intorno allo  spettacolo, vero e proprio “laboratorio” per attori, musicisti, studiosi della città, che offre un ampio panorama di presenze giovani e qualificate. Questa edizione dell’Histoire du Soldat nasce da un team di giovani artisti, coerentemente con il ruolo che il nostro teatro vuole svolgere nel tessuto culturale veronese.

    Histoire du Soldat è andato in scena in prima nazione a Verona nel 1989.

    Il Carnevale degli animali

    Lo spettacolo è il risultato dell’incontro tra la musica e le marionette e tra l’uomo e gli animali. In un teatro-gazebo delle meraviglie infatti, la musica ironica ed incalzante genera una parata di animali calati nell’atmosfera festosa del carnevale. Sarà un mimo ad accompagnare gli spettatori ad assistere a una vera e propria esposizione di immagini in movimento.

    Nel teatrino si susseguono atmosfere diverse, appaiono animali iper-realistici o fantocci immaginari, il tutto avvolto dalla suggestione della musica e dalla magia dell’intervento degli invisibili animatori.

    Guida all’ascolto

    È paradossale come questa Suite, scritta in poco tempo durante un periodo di riposo a Vienna nel 1866, abbia reso alla fama di Camille Saint- Saens molto di più rispetto ad altre opere.
    Attraverso il testamento il compositore ne autorizzò l’esecuzione pubblica soltanto dopo la sua scomparsa, questo perché era erroneamente convinto che lo spirito gaio che traspare dalla partitura non si adattasse alla sua reputazione. L’opera venne composta in occasione della festività del martedì grasso ed eseguita, per la prima volta, un anno dopo in un salotto parigino alla presenza di alcuni amici, tra questi Franz Liszt. Il 26 febbraio del 1922, a un anno dalla morte, l’Auditorium di Parigi poté finalmente conoscere il contenuto di questa “burla” musicale assolutamente geniale.

    Storie e miti d’Europa – Cosmogonia

    Il progetto The Legend of the Great Birth utilizza il potere della mitologia per promuovere un’identità europea comune.  È stato creato uno spettacolo che include elementi delle mitologie della maggior parte delle tradizioni europee (greca, nordica, celtica, dacica, latina, slava), mettendo in risalto gli elementi comuni e le somiglianze piuttosto che le differenze. Questa connessione consentirà la riflessione del pubblico sull’appartenenza ad un’identità europea comune. Il mito che è stato scelto per la rappresentazione teatrale è il mito della creazione (cosmogonia), un tema presente in tutte le mitologie che racchiude in sé diversi simbolismi. La mitologia nasconde un passato profondo e allo stesso tempo forma il futuro di ogni popolo.

    Lo spettacolo

    Uno spettacolo poetico e delicato che narra con parole, musica e danza le leggende sulla creazione del mondo delle varie culture europee in uno spettacolo che doterà il pubblico di cuffie Wireless.

    L’audio in cuffia sarà accompagnato da interventi live degli attori e da scene di teatro visivo costruite in modo specifico.

    Lo spettacolo, proprio per sua natura, si adatta a tutti gli spazi aperti che permettano la concentrazione del pubblico: parchi, arene, borghi (si può ipotizzare anche in forma itinerante). La compagnia, previo sopralluogo, ripenserà lo spettacolo collocandolo nel luogo prescelto e legandolo alle architetture esistenti.

    Storie da mangiare e da bere

    Il cibo e le fiabe hanno una cosa in comune: viaggiano, si mescolano, passano da una paese a un altro per unire le differenti culture e per portare e donare ciò che di meglio ogni cultura ha da regalare. Perché il cibo racconta sempre delle storie, delle abitudini e delle tradizioni di un popolo, così come fanno le fiabe.

    Di e con Pino Costalunga
    Dai 4 anni
    Durata 50 minuti

    Pianoforte vendesi

    Lo spettacolo

    È la notte dell’Epifania, sera di festa a Bellano. Dal treno scende «il Pianista» così chiamato per via delle sue mani lunghe e affusolate. Piove, fa freddo. Perlustrando le  contrade nell’attesa della folla il Pianista incappa in un cartello affisso su un portone: «Pianoforte vendesi». Incuriosito, decide di entrare: si troverà a vivere un’esperienza che cambierà per sempre la sua vita…

    Pianoforte vendesi è la storia di un ladro che deve scegliere tra le buone e le cattive azioni: il bianco e il nero, come i tasti del pianoforte. I gesti che si troverà a compiere rivelano un grande desiderio di riscattare la sua umanità. Sullo sfondo, in una dimensione quasi di mistero c’è un’intera collettività, un paese sospeso – per una notte – fra legalità e illegalità, fra lecito e illecito, fra comandamento etico e abitudine.

    La versione teatrale di Pianoforte vendesi cercherà di utilizzare la forza evocativa della parola, affidata esclusivamente al talento di un solo attore chiamato a dare voce e corpo a tutti i personaggi della storia. Sfrutterà inoltre il potere della musica, composta appositamente per questo spettacolo, per restituire le atmosfere soffuse e le penombre di questo romanzo, perennemente in bilico tra sogno e realtà, senza dimenticare i guizzi folgoranti del suo umorismo.

    Una coproduzione Fondazione Aida e ARS Creazione e Spettacolo, con Andriano Evangelisti, musiche originali di Patrizio Maria D’Artista e la regia di Raffaele Latagliata, che ha lavorato a stretto contatto con Vitali, che per la prima volta si è cimentato nel lavoro di trasposizione drammaturgica di un suo romanzo.

    A impreziosire il tutto, immergendo la rappresentazione in un’atmosfera di sogno, le musiche di Patrizio Maria D’Artista, produttore artistico, compositore e arrangiatore che ha già firmato la colonna sonora di diverse opere teatrali e televisive. Puoi ascoltare le musiche su Spotify, AppleMusic e su altre piattaforme di streaming musicali.

    Sghignazzi italiani… d’autore

    È una lettura di vari autori importanti, tra questi il veneto e mai abbastanza apprezzato Dino Buzzati col suo racconto “il corridoio del grande albergo”, seguito dai due racconti di Italo Calvino (due avventure di Marcovaldo) per proseguire con un racconto di Stefano Benni, un capitolo di Luigi Meneghello e un racconto di Vitaliano Trevisan, nonché alcune pagine di Paolo Nori…per finire con una divertentissima e ritmatissima lettura di Ur Malo da Pomo Pero di Meneghello. Il filo conduttore dei racconti è quello del surreale e del comico, meglio dello…sghignazzo…sghignazzo d’autore, appunto: sono tutti racconti dall’atmosfera grottesca e divertente. Nei quali si ride, spesso anche molto, ma dove la ricerca della risata dell’autore è sempre molto intelligente, spesso cinica e cattiva.

    Lettura di Pino Costalunga da pagine da Benni, Buzzati, Calvino, Meneghello, Trevisan, Nori

     

    C’era una volta un’isola

    Una lettura artistica, per celebrare venti anni dalla morte di Pino Sbalchiero, e a trenta dall’ultima pubblicazione del suo libro capolavoro “C’era Una Volta un’Isola – Storie della Pellagra ed altri racconti”. L’altro Pino, Pino Costalunga, che è stato compagno di “scorribande artistiche” dello scrittore “isolano” nei suoi ultimi anni ed interprete sempre presente ed attento dei suoi racconti, ha deciso di ripresentarsi al pubblico con una nuova lettura-rilettura dei meravigliosi racconti di Sbalchiero.

    Isola (che è Isola Vicentina ed è la scena dei racconti, assieme ai luoghi confinanti) diventa un luogo magico, un luogo della memoria. È metafora di un Veneto che forse non c’è più, scomparso come la Stella Boara del racconto, che dall’alba accompagnava il contadino nella sua dura giornata fatta di sudore, fatica, ma anche di gioia semplice e di fede in un futuro migliore.

    Quindi, il lavoro di Pino e dei suoi colleghi musicisti – da anni concentrato sullo studio delle tradizioni popolari e letterarie della nostra area veneta – vuole ricordare la stella di Pino Sbalchiero. Tramite il suo racconto, si manterrà viva la memoria di Sbalchiero, che non è stato ed è sicuramente uno dei più importanti ed interessanti autori veneti del ‘900 e non va dimenticato!